giovedì 21 aprile 2016

Articolo pubblicato sul n. 4, aprile 2016, della rivista I NOSTRI CANI,edita dall'ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana).

venerdì 25 maggio 2012

I biglietti dell'ATAF di Firenze


Ben 24 i biglietti per il bus, stampati dall'ATAF nel 2001, in collaborazione con la Fondazione Museo del Calcio

Sono trascorsi dodici anni da quando la notizia apparve anche sulla rivista Cronaca Filatelica, ormai scomparsa dal panorama editoriale: in occasione dell'inaugurazione (22 maggio 2000) del Museo del Calcio a Coverciano - Firenze, l'ATAF, Azienda Trasporti Area Fiorentina, emise una serie di biglietti validi per il trasporto sui propri mezzi (durata 60 minuti) da £. 1.500 raffiguranti immagini calcistiche. Al tempo non erano note iniziative analoghe assunte da altre imprese di trasporto pubblico, tuttavia fu immediatamente chiaro che si era aperto un nuovo filone per i collezionisti sport olimpici. A questa prima serie ne seguì un'altra, tirata in sole 400.000 copie.
La prima serie è stata disponibile sino al 2001 presso l´Ufficio Abbonamenti dell’ATAF. La presentazione era stata disposta in un unico foglio, con tutta la serie di 14 biglietti, al costo di £. 21.000, acquistabile anche per posta.

Immagini della prima serie dei 14 biglietti, disponibili in foglio. formato biglietto mm 45 x 80, prezzo facciale (£. 1.500 x 14 ) £. 21.000.

Squadra della Fiorentina 1940-41; Squadra della Fiorentina 1955-56; Squadra della Fiorentina 1968-69; Genoa cricket football club 1863; Manifesto dei Mondiali 1934; Manifesto dei Mondiali 1938; Manifesto dei Mondiali 1982; La Nazionale italiana ai Mondiali 1934; La Nazionale italiana ai Mondiali 1938; Manifesto del Museo del Calcio (2 esemplari nel foglio completo); Mondiali 1982: Bearzot con la coppa; Mondiali 1982: Italia-Brasile; Mondiali 1982: Italia-Germania. L’immagine era stampata sul retro del biglietto.
Successivamente a questa prima emissione, probabilmente nei primi mesi del 2001 (non esiste data certa), in occasione dell´iniziativa "Hall of Fame" promossa dal Museo del Calcio di Coverciano, vennero selezionati i dieci "magnifici" personaggi della storia del calcio italiano. I "magnifici" furono immortalati nella seconda serie di biglietti, anch'essi del costo di £. 1.500 l'uno.


Immagini della seconda serie - Hall of Fame. 10 biglietti formato biglietto mm 45 x 80, prezzo facciale (£. 1.500 x 10 ) £. 15.000. Gianni Brera, Artemio Franchi, Fulvio Bernardini, Valentino Mazzola, Gigi Riva, Gaetano Scirea, Giuseppe Meazza, Giovanni Mauro, Ottorino Barassi, Giovanni Ferrari.
In tutto, quindi, si trattò di 24 biglietti, formato mm 45 x 80 dalla grafica assai curata, come è usuale per l'ATAF. Il loro uso fu consistente poiché erano stati posti in distribuzione presso tutti i punti vendita (tabaccherie, edicole, bar, etc.) e risultava abbastanza agevole reperirne alcuni esemplari usati: bastava non vergognarsi a raccogliere questi cartoncini gettati sui marciapiedi in prossimità delle fermate del bus. Data la dispersione dovuta all’effettivo uso di questi biglietti, nonché lo scarso numero dei collezionisti di questo genere di oggetti, i biglietti dei bus, possiamo affermare a ragione che l’intera serie usata sia rara. E quindi possiamo attribuirle un buon valore, probabilmente non meno di un paio di euro a biglietto.
Per dare un'idea della dispersione, andando a curiosare nelle statistiche aziendali dell'ATAF, si può verificare che nel corso dell'anno 2000 per ogni chilometro di linea (442 il totale dei chilometri di linea) sono stati rilevati ben 302.189.000 viaggiatori. Quindi è del tutto fuori luogo pensare che si possa trattare di biglietti emessi per i collezionisti. Anche se l'ATAF aprì uno sportello apposito, anche se la sua operatività era un po' "a singhiozzo".
Dal 20 agosto 2001 la mazzata: cambiarono le tariffe (da £. 1500 a £. 2000, tanto per abituarsi all'Euro) e tutti i biglietti con il vecchio facciale furono ritirati dalla vendita.
In questo modo prese avvio la mia personale odissea per poter ottenere l’intera serie allo stato di nuovo. Inizialmente sembrava che fossero stati mandati al macero. Poi, insistendo (all’epoca mi vergognai un po', debbo riconoscerlo) saltò fuori che erano ancora disponibili.
Per evitare gli abusi, ed in considerazione che tutti i biglietti con il vecchio prezzo in mano agli utenti potevano continuare ad essere utilizzati, l'ATAF dispose che il loro prezzo di vendita, pur indicato in £. 1.500, avvenisse secondo le nuove tariffe. Insomma: c'era un po' da impazzire per acquistare le due serie, c'era da spendere qualcosa in più, ma fu essere ancora possibile per qualche tempo. Per lo meno…. io ci riuscii.

Ultimo aggiornamento
In quel periodo il sito Internet dell'ATAF pubblicò alcune pagine nelle quali erano elencate le diverse emissioni di biglietti pubblicitari ad uso dei collezionisti. Oggi queste pagine internet sembrano scomparse, anche se nel tempo sono stati stampati numerosi altri biglietti con pubblicità o per la promozione di particolari eventi. Il sito internet dell'ATAF è www.ataf.net. Su molti siti di vendita di oggetti di collezionismo, quali www.ebay.it o www.delcampe.it, si possono trovare offerte di serie complete dei biglietti ATAF, ma ancora non ho rintracciato vendite relative alla intera serie di questi biglietti a soggetto calcistico.

(L'articolo originale, ora aggiornato, venne pubblicato  nel 2001 sulla rivista dell'UICOS - Unione Italiana Collezionisti Olimpico Sportivi -  Philasport. La sua eventuale riproduzione è libera, citandone la fonte e l'autore.)

lunedì 14 maggio 2012

I pacchi dei militari nel periodo bellico


Il traffico postale nel periodo bellico è oggetto di numerosi studi, soprattutto per quanto attiene la Posta Militare. Anche il segmento interofilo è abbondantemente studiato. Ne sono la prova le diverse catalogazioni delle cartoline in franchigia, sia nelle versioni “di Stato” che per iniziativa di privati. Tuttavia, scorrendo i cataloghi appare abbastanza evidente la assoluta sproporzione tra il numero dei tipi di cartoline postali/biglietti postali ed i tipi di bollettini spedizione pacchi, una sproporzione ben più marcata di quella tra interi postali “civili” e relativi bollettini spedizione pacchi. Ciò ci induce ad approfondire brevemente i motivi che stanno all’origine di questi oggetti postali. La logica porta ad attenderci un consistente traffico postale epistolare che muove dalle zone di operazioni di guerra e si dirige verso le località di origine dei militari (e viceversa), mentre il traffico dei pacchi postali sembra preponderante in una sola direzione: dalle località di origine dei militari alle zone di guerra. Tra l’altro, in alcuni casi, il servizio pacchi militari non era stato attivato. Spesso nei racconti di guerra ci si dilunga sullo stato d’animo del militare che riceve “un pacco” da casa. La materialità dei beni che questi riceve è una testimonianza fisica del legame con la famiglia, con la propria casa, con i propri affetti. Insomma, rappresenta “qualcosa di più” di una lettera.
In particolari situazioni, magari di penuria alimentare, i cibi contenuti nel pacco che giunge da casa sono un’occasione di festa. Per non parlare dei pacchi recapitati ai prigionieri di guerra a cura della Croce Rossa, nei quali spesso risulta spedito solo del pane!
La conclusione: i modelli di bollettini pacchi, ad uso esclusivo delle spedizioni effettuate dai militari, non servivano. Oppure servivano in casi assai limitati e quindi, per far fronte ad eventuali bisogni di spedizione di pacchi verso casa, potevano sempre essere reperiti i bollettini pacchi ordinari (cioè quelli in uso per i civili). Questa penuria di bollettini per pacchi postali militari è testimoniata dall’unico esemplare censito sul catalogo di interi postali Interitalia. Si tratta del bollettino pacchi militari da cent. 10 (InterItalia n. 77). Nella descrizione di questo bollettino, il catalogo afferma che la stampa è stata effettuata dalla tipografia Off. Graf. De Carlo & C., Roma. In effetti esiste anche una versione stampata nel 1942 dall’Istituto Poligrafico dello Stato.


Concludo questa tirata sui bollettini pacchi militari con un’altra osservazione a proposito degli oggetti spediti a casa dal fronte. Cosa veniva spedito? Una risposta indiretta ci viene data da Angelo Del Boca, noto storico del colonialismo italiano ed autore di numerosi saggi. Egli, nel suo libro “Italiani brava gente?” (Biblioteca Neri Pozza, Vicenza, 2008, pag. 245 e segg) trascrive una lettera inviata alla moglie da un militare impiegato nelle operazioni in Slovenia nel 1942. “…ora ti dirò nuovamente quale danno stiamo causando. (…) Non posso descriverti il macello che abbiamo fatto ed il bottino di abiti civili che abbiamo raccolto. Io, carico come un mulo, ho portato due abiti civili da sci ed ancora due paia di calzoni alla zuava, tre lenzuola, due cuscini, una borsa da studente nuova, delle scarpe da donna, che staranno bene anche a te, ed inoltre due paia di galosce da donna, un paio di stivali da donna, due tovaglie e dodici grandi fazzoletti di seta da mettere in testa. (…) Tra tre giorni attaccheremo nuovamente qualche altro villaggio e dovrò vendere la merce ad ogni costo. Non posso neppure spedirti un pacco. Anche gli ufficiali hanno sacchi pieni di mercanzia, ma loro sono ufficiali e se le fanno portare dai muli”.
Non sempre, quindi, "Italiani....brava gente".

(Questo articolo è stato pubblicato nel 2009 nella rivista dell'UFI - Unione Filatelisti Interofili "L'INTERO POSTALE". La presente versione è stata aggiornata in parte. L'articolo può essere ripreso e pubblicato liberamente citando la fonte e l'autore)

Gli interi postali del Belgio - LE PUBLIBEL

L’idea di sfruttare i prodotti postali a fini pubblicitari non era nuova, ma sembrava efficace, per cui anche le poste belga decisero l'inserzione di messaggi pubblicitari su alcuni prodotti postali. Prima furono emessi francobolli con appendici pubblicitarie (1930), poi fu la volta delle cartoline postali. Tale attività venne affidata all’Agence Belge de Publicité Postale PUBLIBEL”, che era la concessionaria per la pubblicità commerciale negli uffici postali. In Italia la pubblicità sulle cartoline postali era già apparsa da qualche anno, nel 1919, ma in Belgio la prima cartolina postale pubblicitaria apparve solo nel 1933. Erano anni difficili, nei quali l’occupazione risentiva della grande crisi economica mondiale conseguente al crollo di Wall Street (1929). Ed a tanta eccezionalità occorreva rispondere con interventi adeguati, anche sul fronte del reperimento di nuove risorse. Evidentemente, lo sfruttamento pubblicitario dei prodotti postali sembrò una cosa utile.
Volendo verificare le similitudini tra le cartoline postali pubblicitarie italiane e quelle belga,  ne riscontriamo essenzialmente due: in entrambi i casi la pubblicità è stampata sulla facciata della cartolina, dove va apposto l’indirizzo del destinatario (recto), ed in entrambi i casi gli introiti derivanti dalla raccolta pubblicitaria erano inizialmente destinati ad opere benefiche. Infatti, in Italia gli introiti pubblicitari erano inizialmente destinati alla Croce Rossa, mentre in Belgio la prima destinazione fu a favore delle Oeuvres des employés chômeures (Opere degli impiegati disoccupati) e, dal 1936, alle Opere Sociali delle Poste.
Particolare del tassello pubblicitario










Le cartoline pubblicitarie belga si differenziavano da quelle italiane per molti altri motivi: l’uso di più lingue, la distribuzione territoriale, la tiratura, la dimensione del messaggio pubblicitario, il posizionamento dei dati del mittente.
Vediamo brevemente le caratteristiche delle cartoline pubblicitarie belga, ormai note col nome dell’agenzia che ne curava la stampa: PUIBLIBEL.

La lingua
In Belgio (anzi, nel Regno del Belgio) sono riconosciute tre comunità linguistiche: francese (attualmente è circa il 34% della popolazione), fiamminga (la maggioranza: sono il 58% della popolazione) e tedesca (solo l’1% della popolazione). Il resto della popolazione è bilingue (francofona-fiamminga) e comprende altre comunità linguistiche non ufficializzate, prevalentemente formate a seguito dell’immigrazione avvenuta nel secondo dopoguerra. In ragione delle comunità linguistiche ufficiali riconosciute, le cartoline potevano essere stampate nelle tre lingue, singolarmente, o in forma plurilingue: due o tutte e tre le lingue. La scelta linguistica dipendeva dal committente della pubblicità, cioè dalle località nelle quali il committente chiedeva venissero poste in distribuzione le cartoline.
Versione in francese
Versione in fiammingo












La diffusione territoriale
Ecco allora che abbiamo cartoline con la pubblicità stampate in lingua francese e distribuite in località di lingua francese, altre stampate in fiammingo e distribuite in località di lingua olandese-fiamminga, altre stampate in tedesco e distribuite nelle località di lingua tedesca. Quindi, il committente poteva decidere di farle stampare solo in una lingua e, conseguentemente, farle distribuire solo in una area linguistica. Oppure addirittura farle stampare in versione plurilingue e chiederne la distribuzione nelle tre aree linguistiche del Paese.

La distribuzione
Avveniva tramite gli uffici postali indicati dal committente. Gli addetti alla vendita dovevano offrire le cartoline con la pubblicità all’utente come prima opzione. Ma se il cliente le rifiutava, veniva fornita la cartolina postale normale, senza pubblicità.

La tiratura
Per le cartoline italiane era prevista una tiratura minima, per le PUBLIBEL non era prevista la tiratura minima. Ad esempio, una cartolina risulta stampata in soli 500 esemplari (si tratta della PUBLIBEL n. 94, emessa dietro richiesta del Collège Saint-Julien è ATH, con impronta Leone araldico da cent. 50. L’ultima quotazione a me nota la quota ad € 250,00). Ma abbiamo anche cartoline tirate in due milioni di esemplari. Per quanto attiene la tiratura, nel corso delle mie ricerche non sono ancora riuscito ad individuare un fonte completa, attendibile. Peccato!

La procedura seguita
Le ditte interessate alla pubblicità sulle cartoline dovevano inoltrare la richiesta alle Poste del Belgio, completa di immagini e testi pubblicitari da riprodurre. Le Poste del Belgio assegnavano un numero alla PUBLIBEL emessa, che compariva stampato (ma solo dall’esemplare n. 209) sotto il tassello pubblicitario. Una volta approvato il progetto, si passava alle fasi di stampa. La carta usata per la stampa delle cartoline era fornita da Poste Belgio alla ditta PUBLIBEL che, a sua volta, si avvaleva di tipografie autorizzate dalle autorità postali. La tipografia stampava un numero limitato dell’esemplare di PUBLIBEL commissionata, che veniva sottoposta alla revisione del committente ed alla sua approvazione. A questo punto, mancando l’impronta del francobollo, non abbiamo una cartolina postale valida, ma solo delle immagini stampate sui cartoncini ad uso “carte postale”. Gli esemplari di questa fase, che riportano la dizione impressa a stampa ANNULE o SPECIMEN, sono da considerarsi “esemplari di prova”. Queste quasi-cartoline appaiono occasionalmente sul mercato, ed il loro interesse collezionistico è indubbio.
Specimen

Dopo l’approvazione delle bozze da parte del committente, il quantitativo ordinato poteva essere stampato in via definitiva, ma ancora privo di valore postale. Spettava a Poste Belgio verificare il lavoro svolto, cui seguiva la stampa delle indicazioni essenziali ed ufficiali della cartolina postale, compreso il valore di affrancatura. Questa seconda fase di stampa avveniva a cura dell’Atelier du Timbre di Malines.

Le impronte delle cartoline ed i dati del mittente
Il francobollo stampato sulle cartoline segue le tre serie ordinarie note come “lion héraldique” (1929-32), “petit sceau de l’Etat or lion écusson” (1935-51), “chiffre sur lion” (1951-77) e infine, sino al 1984, “chiffre sur lion avec banderole”. Inoltre, ci sono esemplari predisposti per l’invio all’estero, stampati con l’impronta della serie definitiva “agricoltura” o “cifra su leone”. Il francobollo veniva stampato, come consueto, in alto a destra. Al centro della cartolina veniva riportata la dizione “cartolina postale” nelle varianti linguistiche scelte dal committente, mentre a sinistra, in alto, era stampato il tassello per la indicazione del mittente. Nel primo periodo, questo tassello era stampato con orientamento obliquo, nell’angolo sinistro della cartolina, solo in un secondo momento venne stampato in orizzontale.

La pubblicità
E veniamo alle pubblicità: quante sono le varianti delle ditte pubblicizzate?
I dati riportati nelle pubblicazioni che trattano la materia e che ho potuto consultare non sono mai precisi, a causa delle molte varianti conosciute. Innanzi tutto il supporto: la medesima pubblicità è stata ripetuta per anni, e quindi è presente in cartoline che presentano impronta di affrancatura e facciale diversi. Poi vi è la questione linguistica che abbiamo visto prima, poi vi sono alcune varianti di colore e, infine, le variazioni tariffarie. Mentre è abbastanza semplice comprendere le prime due varianti (diverse impronte e lingue diverse), sulla questione del colore e sui cambiamenti tariffari vanno svolte altre precisazioni.

Il colore
Soprattutto nel primo periodo, sono note cartoline emesse con la medesima pubblicità, sul medesimo supporto e con la medesima lingua, ma con colori diversi. Per alcune cartoline abbiamo da tre a sei diverse versioni cromatiche. Del resto, in quel periodo si stampava ordinariamente ad un solo colore e non in policromia. Ad esempio le PUBLIBEL che riportano i numeri da 354 a 360 sono note in sei tonalità diverse: rosso, bruno, nero, blu, verde-blu, verde oliva. Ma sono catalogate con un solo numero d’ordine riportato sotto il tassello pubblicitario.

I cambiamenti tariffari
Era una particolarità belga: quando cambiava il tariffario, spesso la carta valore veniva soprastampata. Quindi accade spesso, anche in tempi recenti, che le PUBLIBEL presentino la stampa di una impronta (simile al punzone di una affrancatura meccanica) apposta sulla sinistra del francobollo, tra il francobollo e la dicitura “CARTE POSTALE”. In questo modo l’integrazione del facciale era risolta direttamente dalle Poste, senza che l’utilizzatore fosse costretto ad integrare l’affrancatura con un francobollo. Non mi dilungo sulle caratteristiche delle soprastampe apposte con timbratura a pedale, che sono diverse da quelle apposte con timbratrice elettrica, e che sono genericamente riconducibili ad una maggiore nitidezza. Preferisco, invece, spendere due parole su un altro caso assai complicato che si verificò il 20 maggio del 1946. Il 16 maggio 1946 venne diramata la Nota di Servizio n. 20 nella quale si precisava che, a seguito della diminuzione tariffaria del 10%, “chaque carte postale simple à 0,75fr et à 2fr; carte postale double à 1fr50 et à 4fr” doveva essere soprastampata. La disposizione invitava gli uffici postali a dotarsi autonomamente di un timbro da apporre sulle carte valori postali con la dizione “-10%”. Il timbro doveva preferibilmente essere predisposto in metallo, da potersi utilizzare con inchiostro grasso ma, ove si presentassero difficoltà, il timbro poteva essere predisposto anche nella normale versione in gomma. 












Nel corso delle mie letture ho appreso che le varianti conosciute sono almeno 400. Logico attendersi diverse PUBLIBEL identiche nella stampa originaria, ma con differente e variabilissima soprastampa manuale.

Quante sono le PUBLIBEL?
I dati ufficiali affermano esistere 2.790 PUBLIBEL. In effetti questo dovrebbe essere il numero riportato sotto il tassello pubblicitario dell’ultima cartolina stampata. Ma sappiamo con certezza che esistono cartoline che presentano il medesimo numero di identificazione ma hanno colore diverso; poi vi sono quelle soprastampate con l’affrancatura meccanica (a mano, a macchina  a pedale) e, infine, abbiamo qualche numerazione … vuota, senza la cartolina corrispondente. Volendo azzardare una stima, credo non siano meno di 3.500 le PUBLIBEL circolate che presentano caratteristiche diverse, tali da renderle degne di essere incluse in una collezione specializzata completa. Qualcuno afferma addirittura l’esistenza di 5.000 cartoline differenti, ma a me pare una stima eccessiva. Per dirimere ogni controversia sarebbe necessario poterle raccogliere tutte… ed è un obiettivo improbabile da raggiungere.

Per i tematici
Le PUBLIBEL sono una vera miniera per i collezionisti tematici che finiscono per pagarle molto più di quanto valgono, o di quanto si potrebbe spendere con maggiore attenzione e pazienza (e qui potrei raccontare esperienze personali). Un recente catalogo (edito nel 2003 in soli 500 esemplari) dal titolo “PUBLIBEL”, frutto del lavoro del collezionista Thomassetti Ludo di Peer (Belgio), tenta il censimento delle tematiche riscontrate nelle PUBLIBEL: sarebbero circa 500, con oltre 400 località pubblicizzate (perché esistono molte cartoline con pubblicità turistica). Il cataloghista si cimenta anche nel ritrovamento dei riferimenti di altre nazionalità, ma non viene censita l’Italia. In effetti, guardando meglio le immagini riprodotte, ad una prima e sommaria analisi, avrei individuato almeno 16 cartoline con nomi italiani (Olivetti, Gancia, Etna, etc.).
Quanto ai temi, se consideriamo anche gli elementi secondari delle immagini, secondo me sono assai di più dei 400 censiti. Molti di più.

La numerazione
Come abbiamo visto in precedenza, le cartoline sono tutte numerate. Ogni esemplare ha il numero di emissione sotto la vignetta pubblicitaria, che è collocata in basso a sinistra.  Ma, anche qui c’è l’eccezione. Come abbiamo visto, le prime cartoline, sino all’esemplare 208 compreso, non presentavano il numero (che è stato attribuito/ricostruito successivamente, sulla base delle ricerche). E poi non sono numerate quelle dalla numero 283 alla numero 289.

Le PUBLIBEL cessarono di essere stampate nel 1984. L’interesse dei committenti era andato calando, in conseguenza con il minore uso della cartolina postale da parte degli utenti. Altri mezzi di comunicazione, soprattutto il telefono, avevano ormai reso meno frequente il ricorso alla cartolina postale per brevi comunicazioni. Ma anche la funzione affidata all’Agence Belge de Publicité Postale “PUBLIBEL” volgeva al termine: cessava la stampa dei messaggi pubblicitari sulle cartoline, era cessata l’emissione dei francobolli con appendici pubblicitarie e, infine, cessava anche la stampa delle pubblicità sui cartoncini dei libretti dei francobolli.
Insomma, un altro pezzo di storia postale era compiuto.

(Questo articolo è stato pubblicato nel 2009 nella rivista dell'UFI - Unione Filatelisti Interofili "L'INTERO POSTALE". La presente versione è stata aggiornata in parte. L'articolo può essere ripreso e pubblicato liberamente citando la fonte e l'autore)

venerdì 11 maggio 2012

I Prét-a-Postér del Belgio

La varia e multiforme offerta de La Poste (poste del Belgio)



Ormai tutti i collezionisti conoscono i Prét-a-Postér francesi (i famosi PaP) e non era mai giunta notizia dell’esistenza di analoghi prodotti predisposti in altri Stati. Per questo è stata una piacevole sorpresa entrare in un ufficio postale belga e trovare un dépliant nel quale si pubblicizzavano i locali PaP.
Solo che non sono veri e propri Prét-a-Postér, di quelli “alla francese” tanto per intenderci, ma sono altri oggetti. Ad ogni buon conto li ho acquistati. Vediamo di cosa si tratta.
Il primo oggetto è un normalissimo biglietto augurale. Nella confezione predisposta dalle Poste del Belgio (in collaborazione con la ditta Hallmark, che è la stampatrice) si trovano il biglietto augurale, la busta e un francobollo con bandella. Il tutto è pronto per essere compilato e spedito. Da qui la definizione di “pret-a-poster”: pronto per la spedizione postale, pronto per essere postalizzato. Questo prodotto, che entra nella gamma dei PaP belgi è chiamato Ready To Send de La Poste.
Il francobollo non è altro che un valore senza indicazione di prezzo, valido per la posta prioritaria per l’interno (in primo porto), e la bandella riproduce simpaticamente l’immagine del biglietto augurale. La bandella e il francobollo sono prodotti chiamati Duostamp. Altro non è che un francobollo con bandella senza valore di affrancatura. Giova precisare che il francobollo con bandella in questione è predisposto dalle Poste belga. La possibilità si creare francobolli con bandella è resa possibile anche al grande pubblico: basta pagare. Comunque…, questo PaP non è un intero postale.
L’altro prodotto incluso nella categoria dei Prét-a-Postér belghi si chiama Postogram, e qui la descrizione merita essere premessa da una breve narrazione. Chiariamoci subito: il Postogram è un prodotto che sta nel mezzo tra telegramma augurale (o di circostanza) e intero postale. Ma vediamo le cose dall’inizio.
Il servizio telegrafico belga nasce nel 1803, con la costruzione delle linee Chappe. I più esperti della materia sanno che si trattava di un telegrafo ottico. In pratica, erano state costruite delle strutture, una sorta di torrette, sulle quali erano piazzati dei bracci mobili. Muovendo questi bracci si potevano sillabare e quindi comporre le parole. La trasmissione avveniva mediante “avvistamento” da una postazione all’altra. Da una postazione si trasmetteva il messaggio. Questo veniva decrittato dalla postazione successiva, per poi essere ritrasmesso. E così via, sino al destinatario. Tale sistema di trasmissione era talmente complicato da dover essere limitato all'uso di pochi soggetti e, in particolare, venne limitato alle esigenze militari e di Stato. Solo nel 1846 venne attivata la prima linea telegrafica elettrica, che univa Bruxelles ad Anversa. E ciò determinò la scomparsa del sistema Chappe. Inutile dilungarsi sui limiti del sistema Chappe rispetto al telegrafo elettrico. In questa sede è sufficiente rammentare l'assoluta inefficienza del telegrafo Chappe nel caso di cattivo tempo (limitazione della visibilità) e durante le ore notturne. Il telegrafo elettrico, che sostituì il Chappe, si affermò dovunque. In molti Stati la sua amministrazione venne riservata all'organizzazione statale. Ma, mentre in Italia l’organizzazione telegrafica venne unificata con quella postale – ancora oggi in molti uffici postali compare il cartello “Poste e Telegrafi” – in Belgio le amministrazioni rimasero separate: da una parte quella postale e, dall’altra, quella telegrafica e telefonica. Ancora oggi Belgacom, la compagnia telefonica di bandiera, cura la spedizione e l’inoltro dei telegrammi.
Per diversi anni, l’amministrazione telegrafica-telefonica belga rimase nelle mani della Administration des télégraphes et des téléphones, poi ribattezzata Régie des télégraphes et des téléphones per diventare, infine, Belgacom. E’ durante i periodi della Administration e della Régie che furono posti in circolazione dei moduli telegramma illustrati. La caratteristica delle immagini, il loro stile, lascia supporre una produzione che parte nel periodo liberty per finire attorno gli anni ’70-’80. Sulla base delle mie ricerche, posso affermare che durante questo lungo periodo è nota l’esistenza di poco più di 40 moduli illustrati. La particolarità più evidente, che meriterebbe una migliore trattazione sistematica, attiene le diverse tirature di questi moduli e, in particolare, la diversa esposizione delle voci di qualificazione dei moduli (destinatario, indirizzo, etc.), l’uso delle lingue (francese, olandese, tedesco), i caratteri (bodoni, bastoncino, etc.), nonché i simboli dell’ente telegrafico. Ad esempio, del modulo n. 13, illustrato con un allegro postino a cavallo, al momento ho censito ben cinque tirature diverse, ma non ne escludo ulteriori. Questi moduli erano in uso nella stazione ricevente. La stazione ricevente, su richiesta del mittente, trascriveva il messaggio telegrafico sul modulo illustrato e ne curava la consegna al destinatario. Successivamente la trascrizione manuale venne sostituita con le strisce telegrafiche che venivano incollate sul modulo.
Nei 42 moduli che durante le mie ricerche ho trovato variabilmente descritti come “télégramme de luxe” o “télégramme de philantrophie”, compaiono anche 3 moduli destinati ad un uso innegabilmente poco piacevole: le condoglianze.
Uno, in particolare, colpisce per la sua crudezza. (figura a sinistra)
Come abbiamo visto, i moduli telegramma illustrati vennero abbandonati attorno agli anni ’70-’80, probabilmente con l’affermarsi di altri sistemi di comunicazione e per via della diminuzione del traffico telegrafico. Alcuni dati ne sono l’esempio: Belgacom riferisce (anno 2011) che l’attuale movimentazione telegrafica belga, che non mi risulta avvalersi ancora della possibilità di usare questi simpatici moduli illustrati, si aggira attorno i 130.000 pezzi, di cui 110.000 movimentati all’interno del Paese e 20.000 all’estero, soprattutto con destinazione Francia ed Italia. Su una popolazione di circa 11 milioni di abitanti si tratta veramente di poca cosa.

Il biglietto Hallmark
Tuttavia, pur di fronte ad un uso contenuto del telegramma, l’idea di un prodotto specifico destinato alle ricorrenze (e alle circostanze) non è tramontata. Anzi, l’amministrazione postale belga deve aver pensato che con l’abbandono del segmento “illustrato” da parte di Belgacom si aprivano nuovi spazi per il servizio postale che disponeva e dispone di una migliore rete distributiva in tutto il Paese e della possibilità di praticare prezzi più contenuti. E’ abbastanza scontato supporre che tali siano state le motivazioni alla base della nascita del nuovo prodotto postale chiamato Postogram.
Il Postogram è un biglietto augurale (o di circostanza). La vendita avviene presso gli uffici postali, che hanno allestito degli spazi simili a quelli presenti da qualche tempo anche nei locali di Poste Italiane, e nei quali sono offerti oggetti e prodotti di vario genere (libri, prodotti per la scrittura e la spedizione, etc.). Anche in questo caso il biglietto illustrato è stampato da Hallmark, ed è confezionato con una busta. Però, diversamente dal Ready To send de La Poste, la busta presenta un’impronta che rende franca la spedizione del biglietto su tutto il territorio nazionale. Qualora si intendesse inviare il Postogram all’estero, ad un destinatario fuori dal Belgio, deve essere corrisposta la tariffa postale per intero, non essendo possibile alcuna integrazione di affrancatura.



La busta pre affrancata
Quindi, la particolarità del Postogram, che lo avvicina moltissimo alla categoria degli interi postali, è la busta con l’impronta che ne decreta l’assolvimento della tassa postale. 

A questo punto viene da domandarsi come siano collezionabili questi oggetti. Cioè se il collezionista debba raccogliere l’intera gamma di biglietti (che presentano innumerevoli soggetti diversi) o se possa limitarsi alla busta (sulla quale appare l’impronta di francazione postale).
Considerato che la mia curiosità è stata mossa dal modulo telegramma illustrato belga, la cui natura interofila è da escludersi, non me la sento di esprimere un parere definitivo. Tuttavia mi sono sforzato di immaginare una soluzione, la meno “invasiva”, che potrebbe essere la seguente: collezionare solo le buste, limitando la presenza in collezione, a solo scopo documentale, di alcuni cartoncini illustrati venduti assieme alle buste. Beninteso: il Postogram è “il tutto”, busta e cartoncino illustrato. Ma siccome il cartoncino illustrato potrebbe essere sostituito dal mittente… non merita tanta attenzione.
E veniamo alle buste del Postogram. Ovviamente ne esistono di diverse. Vi sono buste con diverse alette di chiusura e, immagino, di dimensioni diverse (non credo che in questi venti anni di esistenza del prodotto il formato sia rimasto il medesimo). Poi vi sono le impronte e le indicazioni stampate sulla busta (negli anni le diverse tirature avranno generato sicuramente “tipi” diversi). Infine vi sono i colori delle stampe. Secondo le informazioni raccolte, per un certo periodo le buste dei Postogram erano stampate con colore blu, mentre quelle dei Postogram destinati ai ragazzi avevano colore nero. Oggi le ho reperite solo di colore rosso. La caratteristica dei Postogram per la gioventù era il cartoncino illustrato che, in genere, riproduceva personaggi dei fumetti. Scelta ovvia, considerato che una delle solite definizioni popolari afferma che una delle tre eccellenze belghe sia la scuola fumettistica: Asterix, Michel Villant, Lucky Luke, etc. (Per curiosità: le altre due eccellenze belghe sarebbero la cioccolata e la birra).
La Poste (è la dizione esatta delle poste del Belgio) assicura la consegna del Postogram nel giorno indicato dal mittente. Ad esempio, se uno volesse inviare gli auguri di buon compleanno ad un conoscente, non deve fare altro che indicare sulla busta, nell’apposito spazio in alto a sinistra, la data di consegna.
Immagino che minore attenzione possa essere prestata per i Postogram di condoglianze. Ebbene, anche La Poste ha in distribuzione il suo Postogram di condoglianze. Che fortunatamente è meno triste dei moduli telegrafici editi suo tempo dalla Régie des télégraphes ma che… insomma … quanto a circostanza, non è proprio il massimo.
Per concludere con un po’ di allegria non ho trovato di meglio che proporre un cartoncino illustrato di un Postogram. Lo vorrei dedicare idealmente ad un brindisi: brindiamo affinché anche le nostre Poste Italiane ritrovino la giusta via, circoscrivendo le velleità di vendita dei generi vari nei loro spazi (ultimamente si trovano in vendita forni a microonde, biciclette, condizionatori, e via dicendo) e ritrovando la strada della promozione della scrittura e della comunicazione. “Che anche le nostre Poste ci regalino un Prét-a-Postér italiano!”.

(Questo articolo, predisposto nel 2010 per la rivista dell'UFI - Unione Filatelisti Interofili "L'INTERO POSTALE", non è stato pubbblicato. La presente versione è stata solo in parte aggiornata. Può essere ripreso e pubblicato liberamente citando la fonte e l'autore e.... per piacere.... dandone notizia anche all'autore stesso!)

giovedì 10 maggio 2012

Inizia l'avventura con un blog?

Me lo domandavo da tempo: sarò mai in grado di gestire un mio blog?
E poi: cosa potrei caricarci sopra 'sto benedetto blog? Facebook non mi piace proprio. Mi ci intrigo, sbaglio a postare i messaggi, mi pare troppo dispersivo. E poi ognuno si sente libero di caricare sulle tue pagine ogni nefandezza.
Bene, ora il dado è tratto. Vediamo cosa sarò in grado di fare.
Intanto carico una mia vecchia foto, fatta nel giardino del mio ufficio, così vediamo se riesco a fare i miei primi passi da blogger.